Salomè, marzo 2012 - olio su tela 100 x 120 cm.
Questo quadro non può essere compreso se
disgiunto dal contesto per cui è nato, su di esso infatti si incentra la mia
opera teatrale sul Caravaggio. Il quadro trasmette un messaggio duale: la
prima cosa che colpisce di questo quadro è il pavimento arlecchino che
rappresenta un messaggio simbolico per papa Paolo V Borghese: se egli
avesse condannato alla decapitazione il maestro per via di un
mortale duello che lo vide direttamente coinvolto, i colori contenuti nella sua
testa si sarebbero riversati al suolo ormai incapaci di tornare a miscelarsi
per dare vita alle mirabili opere del pittore.
La ballerina, un corpo scuro
illuminato a giorno dalla luce che entra prepotente dalle arcate
laterali, nelle intenzioni del Caravaggio deve rappresentare più emozioni
in un’unica espressione: Salomè deve essere sensuale, conquistare
Erode che già la osserva pieno di lubrico desiderio, ma allo stesso tempo la
sua anima è lacerata dal fatto che se dovesse riuscire nel proprio
intento, cioè conquistare il re, dovrà chiedergli di tagliare la testa ad un
innocente.
Il Battista, che
aleggia nel quadro senza essere rappresentato, altri non è che il maestro
stesso, che non si sente pienamente colpevole per l’omicidio di un
reietto come Ranuccio Tomassoni, dedito allo sfruttamento ed alla
sevizia di giovani donne fra cui anche la sua modella preferita,
Fillide Melandroni, la ragazza che presta la propria immagine, appunto a
Salomè.
Così come una prostituta è
costretta a vendere il proprio corpo, così la danzatrice vende il proprio
corpo dietro costrizione della dissoluta madre Erodiade.
Le immagini del quadro altro non
sono che vecchie statue giacenti all’aperto in un piazzale cinquecentesco
antistante il teatro del Palladio a Vicenza: esse non saranno mai
dimenticate dai posteri, se potranno prestare la loro immagine per opere
contemporanee, come fossero veri e propri attori immortali.