lunedì 12 settembre 2011

La solitudine di Achille



La solitudine di Achille (80 x 100) olio.
Patroclo è ormai morto, Achille, preda dell’ira, ha appena ucciso Ettore.
Morto il Troiano, svanita la furia, Achille capisce che il mondo si è svuotato di ogni significato.
Il mondo non si impoverisce solo quando scompaiono gli amici,  ma anche quando perdono  la vita  i più fieri  avversari.
Non è forse più gratificante che la tua gloria venga cantata dal tuo nobile nemico?
L’amico a volte può essere mendace, per invidia o per amore, mentre il  nemico  dichiarato è più vero,  mostra i suoi sentimenti (avversi) con sincerità, ed a volte  è un punto di riferimento molto più a fuoco di quanto possa esserlo un amico.  
In preda a questi  tristi pensieri, l’eroe greco libera i  due cavalli mitologici , Xanto e Balio, dal carro  cesellato ove la madre Teti riceve le nuove  armi da  Efesto.
Avanzando con aria mesta si libera dalle armi.
I possenti cavalli, dalle forme scultoree (ripresi dai cavalli di terracotta  di Tarquinia), si avanzano di qualche passo con aria interrogativa  su  suolo  quasi privo d’erba (calpestato da mille battaglie), quasi fossero in attesa di nuovi ordini.
L’albero alle spalle dell’eroe greco, è l’emblema della sua vita: forte e possente alla fine dà poche foglie e nessun frutto.
L’anima incorporea di Ettore, centrale rispetto al quadro,  osserva la scena seduto su di un masso, con un sorriso che sta ad indicare l’inutilità delle passioni violente, e la centralità dello spirito (Achille sta invece a margine del quadro) rispetto alla materialità.

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