Agli occhi dell’osservatore,
apparirà un paesaggio dai colori
insoliti per un’opera avente contenuto classico; infatti il colore di base
per la sua realizzazione è l’ocra giallo pallido.
Con questo tipo di
cromatismo ho voluto rendere l’atmosfera di
una antica città orientale ormai distrutta che aveva conosciuto la cultura
dorica (vedere la colonna spezzata), ma che usava come materiale da costruzione
la pietra locale, connotata da colorazione chiara, sabbiosa.
La città distrutta è la Troia mitologica, quella di Omero, presa
in un momento in cui la sua dissoluzione non si è ancora completata, anzi,
alcuni muri in pietra risultano addirittura intatti mentre l’acqua dell’oblio
sale inarrestabilmente, penetra negli anfratti, corrode, distrugge, fino a
cancellare la città.
La scelta di questa città
semidistrutta come sfondo all’incontro
travolgente fra la regina di Sparta Leda (moglie di Tindaro) ed il
sopraggiungente cigno (Zeus sotto mentite spoglie), è dovuta al fatto che da
questo mitologico accoppiamento nascerà Elena, il cui rapimento da parte di
Paride determinerà la spedizione
achea narrata nell’Iliade.
Troia verrà distrutta e data alle
fiamme, ed infatti nessun arbusto o pianta, sebbene gratificanti alla vista,
risultano presenti nella composizione.
I mattoni sono anzi ancora
roventi, e se si osserva bene la sfumatura sopra le rovine, appare un
tenue alone rossastro.
Un posto di preminenza è
riservato alla bronzea Minerva che permea indagatrice dalle mura dei palazzi
abbattuti.
Perché questa inquietante presenza?
Se i Troiani avessero scoperto l’inganno del cavallo di legno, forse gli achei non
sarebbero riusciti a vincere questa guerra, essendo ormai defunti i loro più forti eroi Achille ed Aiace Telamonio, a fronte di
mura ancora erte ed intatte.
La riuscita dell’escamotage di
Ulisse a questo punto era l’unica strada percorribile, ma un sacerdote Troiano,
Laocoonte, aveva intuito tutto, sostenendo infatti che l’enorme simulacro ligneo celava in realtà un letale contenuto.
Minerva, quando vide la lancia
del sacerdote conficcarsi fra le tavole del cavallo di legno, scatenò due
serpenti Porcete e Caribea, contro i suoi figlioletti ed egli trovò la morte
nel tentativo di liberarli dalle terribili spire.
Minerva è quindi la maggiore artefice della fine della città,
perché fu solo grazie a lei che il cavallo di legno riuscì a varcare le leggendarie porte Scee.
Questo quadro rappresenta quindi
l’inizio di un percorso mitologico basato
su una ricostruzione di eventi che, ove non narrati, sono attribuibili allo stesso autore del quadro, che temporalmente vanno dalla
restituzione da parte di Achille del corpo di Ettore, alla partenza di Enea
alla volta delle coste italiane del Lazio.
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