sabato 11 febbraio 2012

Leda ed il Cigno

Agli occhi dell’osservatore, apparirà un paesaggio  dai colori insoliti per un’opera  avente  contenuto classico; infatti il colore di base per la sua realizzazione è l’ocra giallo pallido.
Con questo tipo di cromatismo ho voluto rendere l’atmosfera di una antica città orientale ormai distrutta che aveva conosciuto la cultura dorica (vedere la colonna spezzata), ma che usava come materiale da costruzione la pietra locale, connotata da colorazione chiara, sabbiosa.
La città distrutta è  la Troia mitologica, quella di Omero, presa in un momento in cui la sua dissoluzione non si è ancora completata, anzi, alcuni muri in pietra risultano addirittura intatti mentre l’acqua dell’oblio sale inarrestabilmente, penetra negli anfratti, corrode, distrugge, fino a cancellare la città.
La scelta di questa città semidistrutta come  sfondo all’incontro travolgente fra la regina di Sparta Leda (moglie di Tindaro) ed il sopraggiungente cigno (Zeus sotto mentite spoglie), è dovuta al fatto che da questo mitologico accoppiamento nascerà Elena, il cui rapimento da parte di Paride determinerà  la spedizione achea  narrata nell’Iliade.
Troia verrà distrutta e data alle fiamme, ed infatti nessun arbusto o pianta, sebbene gratificanti alla vista, risultano  presenti nella composizione.
I mattoni sono anzi ancora roventi, e se si osserva bene la sfumatura sopra le rovine, appare un tenue  alone rossastro.
Un posto di preminenza è riservato alla bronzea Minerva che permea indagatrice dalle mura dei palazzi abbattuti.
Perché questa inquietante presenza? Se i Troiani avessero scoperto l’inganno del cavallo di legno, forse gli achei non sarebbero riusciti a vincere questa guerra, essendo ormai defunti i loro più forti  eroi Achille ed Aiace Telamonio, a fronte di mura ancora erte  ed intatte.
La riuscita dell’escamotage di Ulisse a questo punto era l’unica strada percorribile, ma un sacerdote Troiano, Laocoonte, aveva intuito tutto, sostenendo infatti che l’enorme simulacro ligneo  celava in realtà un letale contenuto.
Minerva, quando vide la lancia del sacerdote conficcarsi fra le tavole del cavallo di legno, scatenò due serpenti Porcete e Caribea, contro i suoi figlioletti ed egli  trovò la morte  nel tentativo di liberarli dalle terribili spire.
Minerva è quindi  la maggiore artefice della fine della città, perché fu solo grazie a lei che il cavallo di legno riuscì a varcare  le leggendarie porte Scee.
Questo quadro rappresenta quindi l’inizio di un  percorso mitologico basato su una ricostruzione di eventi che,  ove  non narrati,   sono  attribuibili allo stesso autore del quadro, che temporalmente vanno dalla restituzione da parte di Achille del corpo di Ettore, alla partenza di Enea alla volta delle coste italiane del Lazio.

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