Il dio Apollo si innamora di Dafne, e vuole averla sebbene lei non sia consenziente, e l’insegue, la raggiunge, l’afferra.
La ragazza chiede quindi aiuto al padre Penèo che ottiene che la figlia sia tramutata in un albero di alloro, delle cui foglie Apollo si cingerà la testa per sempre.
Ma in un modo o nell’altro, la giovane che era sempre vissuta libera e selvaggia, finisce per perdere la propria libertà.
E’ l’emblema delle donne non emancipate, che possono abbandonare la casa paterna solo per assoggettarsi ad un altro uomo: laddove venga rifiutata questa convenzione, non esiste che la segregazione, che siano quattro mura o, nel nostro caso, il tronco di un albero.
Questa volta però Dafne non resta imprigionata nel mondo della convenzione, della prevaricazione (rappresentata dal nastro a scacchi) ma staccandosi da quel nastro appiccicoso si proietta verso una nuova dimensione liberandosi della corteccia che tentava di imprigionarla.
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