Priamo se ne è appena andato via con il corpo di
Ettore, ed Achille resta assorto in solitudine davanti al fuoco acceso
nei pressi della sua tenda……
|
|
Seduto accanto
al fuoco del bivacco
stava Achille,
ma volgeva lo sguardo
per quel
sentier ove il sovrano biacco
del figlio
tratto avea corpo gagliardo.
|
(canuto, dai capelli bianchi)
|
Torna
alla mente l’occhio assai velato
del grande
Ettorre cui fuggia la vita
dall’offesa
mortal, del collo a lato,
aperta dalla
punta assai incrudita.
|
(la lancia di Achille aveva ferito mortalmente Ettore alla
base del collo)
|
S’alza l’eroe
con movimenti accorti
e s’appressa
guardingo al cocchio antico
afferrano
l’usbergo le man forti
che il teucro
non salvò, né il caro amico.
|
(La corazza non salvò né Ettore né Patroclo)
|
“Sei scorza
maledetta, crosta imbelle
dei corpi degli
eroi a te affidati
sol io rimango
a rimirar le stelle
che gli altri
all’ade ormai son consegnati.
|
|
Prima che
lama dalla morte mossa
torni dei forti
l’anime a falciare,
ancora degli
eroi di sangue rossa
sulle mie
spalle più dovrai brillare.
|
(Tu, ancora sporca di sangue degli eroi, non tornerai mai
più a brillare sulle mie spalle).
|
Ma ora ascolta,
infida compagna
a tua cagion
più uomo muoia in guerra
e poiché
d’alcun eroe sei più degna
farò che
il giorno non ti trovi in terra”
|
|
Così dicendo e con gran
cipiglio,
a una gran pala di bruno metallo
con braccia poderose diè di
piglio
e gran buca scavò nel suolo giallo.
|
|
Assicurato poi d’esser da solo
ratto l’armatura pose nel
fosso,
con terra e sassi ricompose il suolo
tanto che all’occhio nulla
parea smosso
|
|
Il Tidìde che s’aggirava accorto
e lungo il lido andava
silenzioso
vide il Pelìde in opre
strane assorto
e nell’ombra ristette
pensieroso.
|
|
Poscia che Achille in tenda
fu rientrato
volse le spalle per tornar
nei pressi
dove d’Argo il naviglio era
invasato.
Saggiò i cavi laddove son
connessi
|
|
le funi, i rulli, la bontà
del legno.
S’assicurò deste le sentinelle
che di cedere a Orfeo, non
desser segno
parve rapito infine
dalle stelle.
|
(Tornò laddove erano state tirate in secca le navi
provenienti da Argo, di cui egli era
sovrano)
|
Brillava Ilo sull’erma
collina
ma non per rischiarare
ardea la fiamma,
ma estremo atto per fatal rovina
del Priamide ch’alto tenea lo stemma.
|
(La fiamma era stata accesa per la veglia funebre di
Ettore, figlio di Priamo, che teneva
alto l’onore della propria stirpe)
|
Le torce a mille a mille
facean luce
per rischiarare le provate
spoglie
del più forte
guerrier, dei Teucri il duce
e per Achille, or piangea la moglie.
|
|
Rifletteva l’eroe su quel
tormento
quando alle spalle colse
una presenza
l’elsa strinse la mano in
un momento
l’agir corse davanti alla
coscienza.
|
(Diomede istintivamente si avvide di una presenza
estranea, l’istinto precedette il
pensiero, e l’eroe era già pronto a
difendersi)
|
Ma una pacata e assai
profonda voce
gli fermò il ferro e gli
destò stupore:
non
è chi s’appressava uno che nuoce,
ma chi l’armi celava con livore.
|
(L’uomo non era un nemico del Tidìde, ma Achille cioè
colui, che poco prima stava sotterrando le armi con rabbia)
|
“Achille” ei nomò senza
voltarsi
facendo sì che lama quiete avesse,
e il viso nel chiaror dei
legni arsi
un rapido sorriso si
concesse.
|
(Diomede, senza distogliere gli occhi dal fuoco, fece ricadere l’arma nel fodero, e sul suo
duro volto apparve un fugace sorriso)
|
“Come ombra nell’ombra qui
sei apparso
quasi come se tu mi fossi
opposto;
ma ora perdona
il mio fare scarso
e dì perché giungesti in questo posto”
|
|
Nel buio balenò l’occhio
brillante
del gran Pelide dal piede
saettante
come d’incanto gli si pose
a fronte
mesto appariva pur nel corpo aitante.
|
|
“Quando l’usbergo mio celai
fremente,
di
te, Diomede, avvertii le mosse
timore alcuno
m’adombrò la mente
che tale il mio segreto più
non fosse
|
(Achille si era accorto della presenza di Diomede mentre
sotterrava la corazza, ma non fu mai sfiorato dal dubbio che il Tidìde
rivelasse il suo segreto).
|
Preso io sarei stato dal
demonio
se al posto tuo ci fosse
stato Ulisse
O Agamennon, o il forte
Telamonio:
ma del retto tuo agir sempre si disse.
|
(Se si fosse trattato di un altro uomo, pure se grande eroe, mi sarei adirato, ma è
risaputo che tu sei una persona di cui ci si può fidare).
|
Al che il Tidìde con
sorriso franco
rispose al mirmidon ch’
avea di fronte
“Prendi uno scranno, sarai
certo stanco,
e vin speziato di piacer
sia fonte ”.
|
|
L’eroe di Calidon, così
dicendo
un otre sollevò poco
distante
e dopo un solo istante
sorridendo
di vino un nappo porse accattivante.
|
(Argo era una città della Calidonia, una regione greca)
(Nappo = bicchiere)
|
Achille l’accettò con
sguardo grato
ancor per la fatica
rilucente,
bevve più volte, e ognor fu
ricolmato
ma non fu ottenebrata la
sua mente
|
(Sebbene Achille avesse bevuto molto vino, il suo cervello
rimase lucido)
|
“Dicon che a fronte a me tu
sia secondo
ma cotal cosa non la credo
affatto.
Io ti prezzo a me pari e non nascondo
di ritenerti erede mio di
fatto”
|
(Dicono, o Diomede, che quanto a forza io ti sia
superiore, ma non penso che sia così)
|
“Mi sfugge forse il senso
del tuo dire ?”
Disse Diomede il ciglio sollevando
“Qual fato strano tu mi vuoi predire
se ora il mio primato stai vantando?”
|
|
“Tu mi sei stato avverso a buon ragione,
quando riottoso stavo alle
mie navi,
ma
non solo l’Atride fu cagione
se la mia spada al fianco
non contavi.
|
(Diomede aveva tuonato contro Achille per via del suo gran
rifiuto a combattere: ma ciò non fu
dovuto solamente al livore che l’eroe nutrì contro Agamennone)
|
Calcante rivelò sorte nefasta
se il prode Ettorre avessi
spinto all’Ade,
e or che la sua vita spense l’asta
del dolce viver mio, il
tempo scade.
|
(Calcante predisse che sarei morto se avessi ucciso
Ettore, ed ora che la mia lancia lo ha privato della vita, non mi resta molto
tempo da vivere)
|
Di nuovo il bel Diomede
porse il bere
che della vita stempera
l’amaro
“Se da mortal fonte
venne il sapere
ciò
che ti rivelò non tener caro
|
(La predizione viene da un semplice essere umano per cui
non devi tenerne gran conto…
|
che
leggere le trame del destino
forse agli stessi numi non
è dato:
se Troia, come spero avrà
declino,
schiera alcuni numi avran
sbagliato.
|
…perché forse neanche gli dèi possono leggere nel destino,
infatti molto di loro credono che Troia sopravviverà, e se ciò non accadrà,
alcuni di loro avranno sbagliato schieramento).
|
Mesto sorrise Achille a
quel parlare
e andava sul Tidìde riflettendo:
la scura nube al suo
apparir scompare
e il cuore già si va rasserenando.
|
(Achille considerò come la sola vicinanza di Diomede fosse sufficiente a
rasserenarlo).
|
“Il saperti al mio fianco
mi dà forza,
ch’ogni finir del giorno di
battaglia
del duro cuore mio, cade la
scorza
e chi mi crede ferro,
forse sbaglia.
|
|
Alla mia patria anelo
ritornare
non di lasciar le spoglie a questi rivi:
la
guerra quindi si dovrà placare
prima che morte nella pugna
arrivi”
|
(Achille non vorrebbe morire, ma la sua speranza di
sopravvivere è che la guerra termini al più presto prima che la morte lo ghermisca
in battaglia)
|
Il Tidìde, ch’era rimasto
attento
la mano allor posò sulla
sua spalla:
vedeva nel Pelìde gran
tormento
e ciò che lo crucciava,
volle a galla.
|
(Diomede vuole che Achille si apra con lui, che tiri fuori
ciò che veramente lo rode).
|
“ Tu sei bastion che porge
il petto agli urti
delle orribili schiere ai Greci avverse,
nessun mortale potrà mai
domarti
né timore di sorti assai
perverse.
|
|
Ma c’è qualcosa che nel
cuor ti rode
e certamente mi vorresti
dire:
bocca non dice ciò che
orecchio ode
e mai da me segreto farò uscire”.
|
|
Questo parlare dell’amico
d’arme
su Achille ritornar fece il sereno
come chi ascolta un alato
carme
e di fiducia al viver torna pieno.
|
lunedì 3 ottobre 2011
Diomedea - ode in endecasillabi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
lascia un tuo commento!